Il gioco è scoperta – Giorgio Nughedu

Articolo di Giorgio Nughedu, della rubrica Amici di Cambiodicampo

questo articolo è un elaborato del corso gioco e rigioco

Articolo di Giorgio Nughedu, laureato in Scienza, Tecnica e Didattica dello Sport presso l’Università degli Studi di Milano e Tecnico abilitato Uefa Grassroots C Licence.

Ringraziamo Giorgio per la sua disponibilità nel divulgare quella che è un’idea metodologica per tanti versi condivisa, le cui basi fanno riferimento a conoscenze comuni del gioco del calcio, sviluppate con la conoscenze di “chi crede”.

Storicamente si è sempre cercato di vedere il gioco, soprattutto in ottica apprendimento, attraverso i gesti tecnici. Nel calcio moderno e in un’ottica di complessità, invece, ritengo fondamentale la comprensione di spazi e tempi di gioco, sin dalla scuola calcio, con i gesti tecnici che vengono scoperti giocando.

Questo perché ritengo che ognuno dei giocatori sviluppi il proprio modo di eseguire un gesto, secondo le proprie strategie di movimento che non possiamo fornire secondo un modello aprioristico.

Ci tengo, però, a chiarire un punto: soprattutto con i più piccoli, ritengo molto utile utilizzare esercitazioni analitiche che possano fungere da “nuova scoperta” di un gesto che fino a quel punto era per il bambino sconosciuto. Questo gesto deve sempre emergere come un comportamento spontaneo, frutto di una “ricerca”, quindi secondo uno stile di conduzione dell’allenamento deduttivo e mai induttivo.

UN APPROCCIO METODOLOGICO NELLA SCUOLA CALCIO E NEL SETTORE GIOVANILE

Nelle prime fasi dell’approccio del bambino al gioco, noteremo facilmente come la difficoltà principale sia quella della scarsa ricerca della collaborazione e quindi della scarsa ricerca dell’aiuto del compagno, della semplice trasmissione di palla. In questo contesto appare significativo l’utilizzo di giochi in cui l’elemento da muovere sia il pallone. Il bambino deve scoprire, quindi, l’utilità del passaggio per raggiungere l’obiettivo: il gol.

Dopodiché il bambino, capita l’utilità del compagno, dovrà affrontare un secondo elemento fondamentale: la ricerca di spazi liberi, non occupati da avversari.

A livello di mezzi di allenamento, per far emergere questo comportamento utilizzo spesso le 2 o 3 porticine, in modo che, se una è occupata e non ci sia possibilità di segnare in una, se ne ricerchi un’altra. Non importa come, importa solo che a livello cognitivo il bambino capisca che deve cercare un’altra zona in cui non ci siano avversari.

Per ottenere questo, oltre le porticine, utilizzo spesso partite a soli settori orizzontali, in modo che il bambino non si concentri esclusivamente sul pallone e cerchi riferimenti di movimento diversi, andando ad occupare così lo spazio anche in ampiezza, cercando di evitare uno dei comportamenti più frequenti in queste età: tutti appresso al pallone.

Una volta che il bambino ha compreso come poter ricercare uno spazio libero, amplieremo la sua scoperta cercando di far capire il perché devo creare uno spazio nelle varie zone di gioco: costruzione, gestione, finalizzazione. Riprenderemo quanto nelle prime fasi di apprendimento, i ragazzi dovrebbero aver capito, ripetendo il processo di ricerca dello spazio zona per zona includendo così un altro elemento fondamentale: la profondità (elemento che naturalmente si manifesta attraverso il gioco anche nelle fasi precedenti, ma che in questa fase cerchiamo di far riconoscere dal giocatore)

Possiamo maggiormente incidere con le nostre idee e i nostri principi, attraverso il calcio che più piace all’allenatore o che maggiormente si addice ai giocatori a disposizione (io prediligo la seconda opzione).

Si cerca di relazionarsi maggiormente con l’avversario durante le partite. Ciò significa che andremo a “far leggere” la partita ai giocatori

Dove posso far male? Quali spazi lasciano scoperti i miei avversari? Con quali movimenti, con e senza palla, posso raggiungere l’obiettivo? Riconosco una superiorità numerica? Quando punto l’avversario?

Questa mia breve idea di sviluppo nasce da un mio pensiero: il calcio è gestione di spazio e tempo; spazio e tempo non sono elementi a sé stanti.

Ogni idea deve essere supportata da mezzi che possano far emergere i comportamenti ricercati e c’è solo un modo affinché si manifestino tali comportamenti: il gioco. Le partite a settori, i possessi palla direzionati, attacco contro difesa, ecc. Sono tutti mezzi di allenamento che prendono in considerazione l’esistenza dei pilastri dell’allenamento: palla, direzionalità, relazione, territorialità. Ed inoltre, i nostri giochi, dovranno prevedere sempre la completezza del ciclo del gioco: continuità.

Ovviamente, come detto in apertura, l’allenamento deve prevedere elementi che accompagnino la formazione del giocatore, come esercitazioni analitiche che riguardino la sfera individuale del singolo giocatore sotto tutti i punti di vista. Questo tipo di esercitazioni, nel mio modo di vedere il calcio e l’allenamento, possono sempre essere utilizzate come scoperta o, in una seconda fase, come correzione laddove ci sia un rischio per la struttura fisica del giocatore.

Teniamo sempre conto che, comunque, queste abilità possono essere sviluppate e acquisite anche e soprattutto attraverso il gioco, perché è solo con il gioco che il giocatore può riscontrare l’efficacia dei suoi gesti e dei suoi movimenti.

Il gioco è allenamento e l’allenamento è ricerca dei perché, è finalità, è autonomia: è apprendimento. Il gioco è scoperta.

IL MODELLO DI GIOCO

Per modello di gioco intendo quella serie di comportamenti che vorrei che i miei giocatori mettessero in atto durante la partita; si può definire come l’insieme dei “miei” principi di gioco (come fosse il “modello prestativo di principi”, ndr).

Secondo la mia idea descrivo brevemente la mia idea di gioco nel calcio a 11.

Fase offensiva

La costruzione avviene dal basso, possibilmente palla a terra. La palla lunga viene tenuta in considerazione e se utilizzata si ricerca immediatamente la densità sulla seconda palla con 1-2 giocatori in profondità preventiva e almeno un giocatore a supporto. L’obiettivo è quindi superare con efficacia la prima linea di pressione. Nel momento in cui gli avversari ci aspettano vale sempre la regola “se ho spazio conduco”.

La gestione del possesso avviene con la ricerca dello spazio in zona scoperta, che questa sia centrale, o laterale. Si passa continuamente dal centro: centro, lato, centro, lato, cercando di far muovere e aprire gli spazi dell’avversario, alla ricerca di un continuo guadagno anche in profondità, soprattutto con i trequartisti che ricercano palla in mezzo e tra le linee per lasciar spazio in ampiezza ai quarti di difesa che accompagnano l’azione. I trequartisti cercano spazio utile tra centrocampo e difesa avversaria, a metà strada in senso orizzontale tra quarto di difesa e centrale, a posizionarsi nel mezzo del rombo difensivo avversario, in maniera tale da creare dubbio su chi va in pressione su di lui. Ampiezza sempre mantenuta dai quarti di difesa. Il trequartista centrale libero di spaziare anche in fase di gestione e di abbassarsi alla ricerca della palla.

La finalizzazione deve essere ricercata senza forzature: ad ogni problema c’è sempre una soluzione. Se non ho spazio per calciare in porta posso sempre fare altre due cose: cercare il compagno o condurre palla, magari in dribbling. Se posso fare un assist per chi vede meglio la porta, cerco il compagno.

Una costante della fase offensiva deve essere il riconoscimento della superiorità numerica.

Fase difensiva

Ricerca immediata dei riferimenti avversari: marco a uomo nella zona. Pressione in avanti: tutti i giocatori alzano la pressione nello stesso momento con chiusura linee di passaggio nella pressione più avanzata e marcatura a uomo della linea difensiva. Anticipo su palla lunga: tra difendente e linea offensiva avversaria, ci sono sempre io, in modo da arrivare prima di lui. Portiere che alza la linea preventivamente.

Fasi di transizione.

Ho dei severi dubbi sull’esistenza di tali “fasi”. Si definisce, infatti, “fase” un qualcosa che abbia un inizio e una fine ed essendo il gioco del calcio fatto essenzialmente di due momenti (fase difensiva e fase offensiva), definisco nel mio modello ideale la transizione come un atteggiamento, un comportamento da attuare nell’immediato cambio di possesso.

La possiamo altresì definire come una prima valutazione della situazione.

Per cui:

Transizione positiva
Se posso far male, attacco diretto (riconoscimento della già citata superiorità numerica); se non ho spazio e/o superiorità, consolido il possesso.

Transizione negativa
Ricerca immediata della pressione e riconquista se i ho tanti giocatori vicini.
Attenzione nelle preventive sotto palla, sempre a uomo + 1.

In linea generale l’idea è quella di mantenere un certo controllo del gioco sia in fase difensiva che in fase offensiva e di condizionare la scelta avversaria forzandone le giocate aumentando, con la pressione, la possibilità di errore durante la trasmissione palla. In fase offensiva il pensiero deve essere “per ogni problema c’è una soluzione”, questa soluzione va, con pazienza e intelligenza, ricercato in ogni momento della partita ricercando e costruendo la superiorità numerica. Non esiste il solo gioco palla a terra, ma la palla lunga deve avere un senso logico di guadagno, non solo di convenienza.

Secondo questo mio pensiero calcistico il gioco del calcio, in questo senso, è autonomia: il giocatore deve avere sempre l’idea, saper “arrangiarsi” e saper affrontare i problemi.

Autore: Giorgio Nughedu, Laureato in Scienza, Tecnica e Didattica dello Sport presso l’Università degli Studi di Milano e Tecnico abilitato Uefa Grassroots C Licence.

Condividi Articolo

Scrivi e pubblica il tuo articolo

Leggi anche

Hai scaricato i nostri ebook gratuiti?

Nullam quis risus eget urna mollis ornare vel eu leo. Aenean lacinia bibendum nulla sed