In maniera pratica: se dicessimo ai giocatori in allenamento di formare due squadre e di giocare una partita, ci salterebbe all’occhio come le due formazioni reagirebbero allo spazio a disposizione, come i calciatori stessi trovino una posizione più o meno congegnale e come l’interazione tra gli elementi dello stesso collettivo, lo spazio e gli avversari generino trame di gioco, che siano esse pessime o di grande qualità. Il disporsi in campo autonomamente interagendo con compagni, spazio e avversari ha permesso al sistema di adattarsi generando aspetti di gioco collettivi, intersettoriali e individuali positivi e/o negativi che permettessero più o meno facilmente al sistema stesso di raggiungere la sua finalità per cui è stato creato, ovvero fare gol.
Quante volte ci siamo trovati nella condizione di riequilibrare le sorti di una banale partitella semplicemente scambiando casacca?
Inconsapevolmente o no, avremmo in tal caso sfruttato queste proprietà a nostro favore, con la possibilità di influenzare il contesto di gioco. È proprio qui che si colloca il ruolo dell’allenatore: l’espressione della capacità di influire in maniera più positiva possibile sul sistema, sia in partita sia in allenamento, modificando per esempio spazi, numeri, strutture e interazioni. Insomma, lo scopo di noi istruttori è quello di generare un auto – organizzazione guidata, grazie alla creazione di un modello prestativo adatto alle esigenze dei nostri calciatori attraverso linee guida di gioco riconoscibili e condivise.