In altre parole: se durante la vostra colazione mattutina doveste bere il latte dalla tazza, cerchereste di sollevarla in maniera tale da avvicinarla alla bocca ed ingerire il liquido in essa contenuta.
La qualità dell’azione da svolgere è compresa dalla mente nella sua totalità che non la scompone in una serie di gesti come sollevare il braccio o stringere l’oggetto ma viene percepita per quella che è nella sua finalità, ovvero “bere il latte”. Questa caratteristica di intuibilità propria sia di una situazione sia di un oggetto [1] è definita AFFORDANCE e segna un cambiamento importante nelle logiche di costruzione di una seduta di allenamento.
Come riesce il cervello, però, a comprendere la complessità e la finalità dell’azione che dobbiamo svolgere?
Questo tipo di meccanismo è possibile grazie all’attivazione di un particolare tipo di neuroni chiamati neuroni specchio, che si attivano al momento dell’atto di comprensione del gesto motorio da svolgere in relazione alla finalità. È stato altresì evidenziato che essi si attivano anche quando la comprensione riguarda la una gestualità motoria effettuata da un’altra persona, in sostanza permettendoci cogliere velocemente la meccanica nella sua globalità.
[1] L’utilizzo dell’oggetto è influenzato, manco a dirlo, dal perché lo si usa. Un esempio: il manico della tazza fa intuire dove è possibile poterla afferrare. Tuttavia, se non si dovesse percepire la necessità di berne il contenuto che vi è al suo interno, perché bisognerebbe prenderla? E soprattutto, il cervello comprenderà da dove impugnare la tazza se l’azione non ha alcuna finalità specifica? E, ancora, se cambiasse l’azione da svolgere (come voler lanciare la tazza) come varierebbe l’affordance dell’oggetto?